CAMBIARE O MORIRE La società del COVID-19 dalla fase 3 in poi
Aggiornamento: 22 lug 2020

Ok, col Covid-19, l’abbiamo capito tutti ormai, dobbiamo cambiare, ma la domanda è:
Come si fa?
E quella subito dopo è:
Se non ci riusciamo, che succede?
Per provare a dare il mio piccolo contributo alla prima domanda t’invito a pensare che non è colpa della pandemia da Covid-19 se dobbiamo cambiare, ma senza perderci negli eoni della storia, diciamo che è il suo naturale dispiegarsi, come direbbe il filosofo Hegel e in particolare sono gli effetti della globalizzazione.
Conosciamo tutti i macro fenomeni: mercato delle merci, mobilità delle persone e circolazione delle informazioni globale…
Ma nella vita dei comuni cittadini che effetti ha?
Eh, questo è il punto, il nodo difficile da sbrogliare, per questo è stato lasciato lì fin che “E’ scoppiato il bubbone”.
A farlo è stata la pandemia, però non è l’appuntamento storico che dobbiamo vedere, affrontare e superare perchè ora è il Covid, domani sarà qualcos’altro. Ogni tempo ha il suo tema, la sua sfida da superare: la rivoluzione industriale, le guerre mondiali solo per fare due esempi… noi c’abbiamo la globalizzazione.
Le popolazioni hanno da sempre affrontato i temi storici, chi bene e chi male, e così ci sono stati popoli che hanno visto migliorare le loro condizioni di vita ed altri peggiorarle tanto per fare due casi netti. Oggi però le regole del gioco sono cambiate, non sono i popoli che si devono o possono autodeterminare, perché oggi il popolo è globale, è uno. Quindi, contro chi combatte? Da chi si deve difendere?
Ecco il punto.

Per vederela in pratica prova a pensare a come ti sentiresti nella situazione in cui perdi il lavoro e tu non hai potere personale per poterlo evitare.
Per farti un altro esempio, prova a pensare a come ti sei sentito di fronte al lock down che ha generato la pandemia. Probabilmente impotente ed è proprio così. Un normale cittadino come me non ci può fare niente di fronte ad una cosa del genere, ma non ci può far niente neppure il professionista che vede alcuni suoi servizi informatizzati, come il negoziante nella competizione con i megastore o i colossi del web o l'operaio che gli delocalizzano l'azienda, ecco perchè siamo tutti uguali nella globalizzazione.
Ecco perché ci sentiamo impotenti e dopo un po’ arrivano le ricadute reali: siamo più poveri, così soddisfiamo meno i nostri bisogni e così nutriamo meno il nostro narcisismo e così ci sentiamo più e più spesso arrabbiati. Questo è il nostro destino che sperimentiamo tutti i giorni e verso cui tutti andiamo incontro, prima o poi, per un motivo molto semplice: che non possiamo farci nulla perchè questi fenomeni non dipendono da noi, non possiamo prendere il toro per le corna semplicemente perché il toro non c'è.
E allora? Allora ci arrabbiamo, ma non risolviamo un tubo perché non c’è una bastiglia da conquistare, un re colpevole da rovesciare, c’è che dalla Terra siamo finiti sulla Luna e sulla Luna non c’è l’atmosfera, la forza di gravità è diversa… o ti adatti o crepi e puoi prendertela con chi vuoi, tanto alla fine il risultato non cambia se non cambi il modo di pensare e ti metti la tuta spaziale che ti fa respirare e camminare sulla Luna, insomma, se non ti adatti.

Come fare quindi?
Non ci resta che cambiare il nostro modo di pensare e con esso tutte le coordinate che abbiamo in testa.
Cioè?
Prova a pensare al fenomeno degli youtubers. Sento qualcuno che li denigra dicendo che sono nullafacenti (e anche molto peggio spesso) io invece penso siano quelli che hanno cambiato il loro modo di pensare ed hanno creato cose nuove in un mondo nuovo, infatti hanno linguaggi nuovi, temi nuovi, vite nuove.
Pensi ancora che siano dei cretini? Forse intercettano dei bisogni che senti anche tu, ma che loro hanno visto e a cui danno risposta: danno risposte a quello che tu ancora non hai pensato se credi siano dei cretini. Ecco, il nuovo modo di pensare da youtubers gli fa fare un sacco di soldi e avere un ruolo nel mondo contemporaneo decisivo. Lo so, sono cose brutte da sentire, puoi barricarti dietro la tua verità, però questa è la realtà.
La realtà è che il vecchio mondo non è morto, non deve essere bruciato o dimenticato, ha solo bisogno di una registrazione, un adattamento alle nuove risposte che la storia pretende. Tu, che sia sulla Terra o sulla Luna, sei sempre tu, solo che devi pensare in modo diverso se vuoi sopravvivere, non sei d’accordo? Non devi smettere di camminare sulla Luna (anche perchè non puoi), ma camminare in modo diverso, non devi smettere di respirare, ma respirare in modo diverso (col casco per esempio).
Il filosofo di prima, Georg Hegel, immaginava la storia come un tappeto che si srotola e nessuno può farci niente e se non gli vai dietro ci rimani sotto. E’ una situazione difficile? Già, ma arrabbiarsi con questo o con quello e scagliarsi gli uni contro gli altri non dà soluzioni però questo sentimento ci dice che dobbiamo trovare un nuovo modo di pensare che viene proprio dalla globalità, dal mondo. Aver, paura o sentirci arrabbiati, ci suggerisce che qualcosa non va.
Perché?
Come dice Zygmunt Bauman viviamo nell’incertezza costante e questo perché nella modernità abbiamo bisogno di creare un ordine (che al momento sentiamo rotto) e abbiamo bisogno di produrre quello che si è sempre prodotto, ovvero fare quello che si è sempre fatto, ma i conti non tornano.
Per questo siamo condizionati e mossi in modo sempre più automatico dalla società che ci circonda, per questo, per dirlo in modo figo sociologhesco, le grandi azioni di piazza a cui assistiamo sono dei fatti sociali, in cui moltitudini di singoli agiscono influenzati da altri e non è una critica, ti do solo una lettura della realtà. Tu potrai pensare che la verità che senti sia giusta e sacrosanta, Nicola potrà pensare invece che quelli che la pensano così sono tutti dei cretini; io non dico né l’uno né l’altro, non perché sono prudente, ma perché non penso né l’una nè l’altra cosa, ma guardo la realtà e non cerco la mia verità. Diversamente non saremo mai in grado di pensare in modo nuovo.
Come fare allora?
Per esempio invece di domandarci di che cosa hanno bisogno i cinesi per trovare un prodotto da vendergli, proviamo con "cosa può fare la tecnologia in più di quello che già fa per metterci in contatto con i cinesi, gli americani, i giapponesi, i peruviani…" i risultati possono essere sorprendenti, potremmo scoprire che a pensare in modo nuovo ci venga in mente che cinesi, americani, giapponesi e peruviani possono aiutarci a risolvere i nostri nuovi bisogni o potrebbe venire fuori qualcosa di assolutamente nuovo.
Pensare in modo nuovo non è un modello commerciale, economico o idealistico di amore tra i popoli, è un bisogno globale che permette di cavalcare la storia.
Sì, ma il piccolo commerciante, il libero professionista, il lavoratore “normale” insomma, che ci guadagna o deve fare in pratica? Ci guadagna perché anche lui non è più chiamato ad un semplice rapporto dare – avere, ma deve inventare, creare modi diversi e quindi, di fatto, trovare il modo di offrire prodotti in un modo nuovo e come può farlo? Proponendosi in modo diverso e facendo cose diverse, ma anche muovendosi in solchi che le organizzazioni e la politica suggeriscono non come indirizzi restrittivi, al contrario, come proposte di idee e innovazione partendo dal bisogno di cambiamento del lavoratore e cittadino comune.
Per quanto riguarda la seconda domanda e cioè: "Se non riusciamo ad adattarci?" La risposta credo sia:
“Muoriamo o ci estinguiamo.”
Il finale però non è catastrofico, una volta visto il problema, possiamo trovare la soluzione che è:
Cambiare il nostro modo di pensare.
Come?
Guardando in faccia la realtà, comprendendola e non negandola o distorcendola.