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CAMBIAMENTO, TERZA DIMENSIONE e L' HOMO DIGIGLOBALICUS

Aggiornamento: 4 nov 2020


Abbiamo sempre vissuto le nostre vite in due dimensioni: Spazio e Tempo.


Queste sono le coordinate che definiscono il nostro esame di realtà: dove sono e che giorno è, per capirci.

Sono da sempre state anche le #coordinate per progettare tutta la nostra vita.


Proviamo a pensare, per esempio, di voler raggiungere un progetto professionale. Quali sono le domande fondamentali che ci facciamo?

Dove lo vorremmo realizzare, quando e in quanto tempo, no?


Ma questo vale per tutte le cose della nostra vita fino a ieri: organizzavamo dove e quando fare la spesa, sapevamo dove e quando andavamo a #scuola o al lavoro, dove e quando incontravamo i nostri amici, i parenti… Ma uno degli effetti della globalizzazione è proprio questo: sono saltate le dimensioni spazio temporali.


Fino a qui i sociologi contemporanei hanno parlato di non luoghi (Marc Augé) cioè di quei luoghi che hanno la prerogativa di non essere identitari come gli aeroporti,



oppure di società liquida

(Zygmunt Bauman) in cui l’unica cosa permanente è il #cambiamento e con esso l’unica certezza è l’incertezza. Fino ad oggi però c’è sempre stata una dimensione fisica e temporale in cui muoversi ed esistere, magari priva di espressioni simboliche di identità, relazioni e storia come nei “non luoghi” (stazioni, #autostrade, anonime stanze d’albergo…) o come nella società liquida, uno spazio e un tempo in divenire, d’accordo, ma pur sempre presenti.


Oggi la vera espressione della globalizzazione e il mondo che abitiamo è sì quello governato dallo spazio e dal tempo, non potrebbe essere diversamente perché fa parte della nostra dimensione fisica, della realtà, ma oggi siamo andati oltre: siamo andati nel mondo virtuale.

Sul web non esiste lo spazio, non esiste il tempo. (Io non le vedo neanche passare le giornate davanti a PC). 


Il progresso (cioè le nuove tecnologie per farla breve) e la modernità (cioè la società sempre per farla breve) di cui parla il #filosofo e #psicoanalista Umberto Galimberti, hanno sempre vissuto nel “mondo” secondo le dimensioni spazio-tempo, ma oggi, il progresso nella globalizzazione ha portato gli uomini contemporanei nel mondo virtuale dove spazio e tempo non esistono, dove tutto è possibile, come nei mondi fantastici delle psicosi con una differenza però: gli psicotici scappano dal mondo reale e vivono in quello fantastico, l’uomo contemporaneo, il #digiglobalicus, deve vivere con un piede nell’uno e nell’altro. Insomma, quelli che sono saltati sono gli ancoraggi.


Ecco allora perché c’è questo sentimento diffuso di sospensione, che io ho chiamato effetto atmosfera (R. Unterrichter, 2015) in cui le persone si trovano a fluttuare in un mondo ambivalente con significati aleatori e con la percezione di non avere nessun potere sulla propria esistenza.


Un esempio?


Quante volte al giorno ti trovi a darti come risposta: “#Boh.” Oppure accorgerti che la previsione che avevi fatto è stata sbagliata?


Questo accade perché la razionalità è tra gli strumenti più efficaci che possiamo usare nel mondo reale e a cui siamo abituati a fare riferimento, ma nel mondo virtuale, nella fantasia la razionalità non ha potere.


Tuttavia abbiamo un altro strumento: quello del sentire. Le emozioni, i sentimenti, quelli sì sono gli strumenti del mondo della fantasia e del virtuale quindi.


Sul web si possono vedere: una nave che vola, un dinosauro che corre, una donna che salta fuori dall’acqua e arriva su un trampolino alto dieci metri, tutto è possibile nel mondo del virtuale, ma a differenza di quello della fantasia che non “salta” nella realtà, è un mondo ben separato, quello virtuale invece non solo lo fa, ma anzi lo influenza e forse già lo determina.


Come?


Pensa ai movimenti popolari improvvisi e spesso carichi di forti passioni nati dai social, pensa agli #influencers


Dobbiamo quindi camminare a gambe in su e testa in giù?


No, dobbiamo pensare in tre dimensioni: spazio, tempo, emozioni.


Come?


Provo a farti un esempio. Se qualche decennio fa il marketing puntava sul trovare il modo di “convincere” la gente a comprare un prodotto che le convenisse, oggi si orienta più sul fargli sentire di volerlo.


In pratica?


Al primo modello possono corrispondere i centri commerciali che proponevano già la concorrenza di prezzo sui prodotti rispetto ai negozi più piccoli per richiamare i clienti:


“Vieni da noi, vedrai che convenienza!”


la seconda è invece quella


di sentirsi diverso o in sofferenza se non si ha quella cosa o fa quell’altra:

“Sentiti libero, fai/compra questo! Tutti lo vogliono! ”


oppure ti senti bene se la fai:

"Vai sul web e compra quando vuoi, da dove vuoi."



Il metodo dell’uomo digiglobalicus è quindi quello di cambiare il modo di pensare integrando la terza dimensione creata artificialmente; dobbiamo dare e riconoscere la profondità (la terza dimensione appunto) come terzo elemento che declina e dà significato alle nostre esistenze. Solo così possiamo trovare un nuovo modello di azione per raggiungere i nostri obiettivi e capire quello che succede realmente perché non nasce nelle dimensioni spazio - tempo, ma nella terza dimensione. Dobbiamo non più pensare dove e quando, ma anche sentendo.


Non c’era piaciuto tanto il discorso di Steve Jobs sull’essere visionari e folli?

Ecco, è un modello base d’azione del digiglobalicus molto distante dall’essere razionali e organizzatori che ha funzionato, ma anche la mietitura a mano ha funzionato benissimo finché non sono arrivate le trebbiatrici.

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